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3 film in 30 righe

Di Matteo @ 08/03/2014 - in Recensioni - Commenti (0)

 

Lone Survivor

Il regista Peter Berg si era guadagnato la nostra fiducia con Battleship, capace di farci sorridere dei suoi eccessi e dello smaccato patriottismo che lo pervadeva. La visione di Lone Survivor, ambientato in Afghanistan e tratto da una storia vera, era quindi una tappa obbligata. L’epicità, stavolta, non nasce dalla celebrazione della potenza USA, quanto piuttosto dallo spirito di fratellanza che unisce i Navy SEALs. Se il primo atto non riesce a dare spessore ai protagonisti, nei successivi novanta minuti Berg trova finalmente la chiave di volta dei suoi personaggi, che solo nell’azione bellica trovano la loro dimensione più compiuta. Promosso.

12 anni schiavo

Il problema di un film come 12 anni schiavo è che si porta dietro un carico di aspettative dalla mole pericolosa. Per fortuna dietro la macchina da presa c’è Steve McQueen, con la sua attenzione per i dettagli e per la forza narrativa delle immagini, simboliche o esplicite che siano nella loro espressione (c’è, ad esempio, una plongée capace di evocare una nave negriera da un semplice carro). È il suo sguardo a valorizzare una sceneggiatura premio Oscar ma in realtà piuttosto piatta. Peccato, perché in questo modo il capolavoro di McQueen rimane soltanto uno, Hunger. 12 anni schiavo non va oltre il “molto bello”.

Dallas Buyers Club

Matthew McConaughey (di cui parleremo anche nella recensione su True Detective) ormai da qualche anno ha ri-scoperto di essere un attore. L’Oscar che si è portato a casa insieme a Jared Leto è sacrosanto, perché il film di Jean-Marc Vallée funziona soprattutto grazie alla chimica che si viene a creare tra questi due corpi scarnificati dall’AIDS e drenati di ogni reciproca ipocrisia. Tutto qui? Sì. I corpi essenziali di Dallas Buyers Club sprigionano e rivelano i nuclei ardenti e febbrili del proprio animo, e non è poco. Non è affatto poco.


 

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