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Tintin | Avventura | film | nostalgia | professore | archeologo | modellino | veliero | arrembaggi | battaglie | reporter | ciuffo | rosso | caccia | tesoro | aeroplano | sidecar | digitale | sequenze | performance | CGI | Hergé | fotorealismo | cartoon | flashback | coreografia | intrattenimento | steven spielberg | peter jackson | andy serkis | jamie bell | linea chiara | capitano haddock |
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Tintin e il segreto dell'Unicorno - Bentornata, Avventura!
Di Matteo @ 06/11/2011 - in Recensioni - Commenti (0)
Avventura e nostalgia: quando Spielberg torna alle origini, dà il meglio di sé.
I critici francesi, trent'anni fa, ci avevano visto giusto. E se all'epoca era Indiana Jones a ricordare Tintin, oggi, per uno strano paradosso, è quest'ultimo a rievocare le avventure del professore archeologo.
Quale mistero si cela nel modellino dell'Unicorno, un veliero teatro di arrembaggi e battaglie? Sta al giovane reporter dal ciuffo rosso scoprirlo. Una misteriosa indagine lascia presto spazio all'avventura più sfrenata, portando Tintin (Jamie Bell) e il capitano Haddock (Andy Serkis) a condurre una instancabile caccia al tesoro, tra scontri navali, folli voli in aeroplano e pazze corse in sidecar.
A guidarci lungo questa avventura è uno dei più grandi cantastorie della nostra epoca. Perché Steven Spielberg, dopo tanti anni, appare finalmente libero. Libero dalla necessità di dover girare film "impegnati", libero di citare e di citarsi, libero, grazie alle magie del digitale, di poter dare vita a sequenze che con una tradizionale macchina da presa potevano essere solo immaginate.
Sorretto da una performance capture che cattura l'espressività degli attori e da una CGI che porta il marchio di Peter Jackson, Spielberg si appropria e tratteggia il mondo di Hergé nel miglior modo possibile, in uno strano ibrido di fotorealismo e cartoon, senza tradire la cosiddetta linea chiara del fumettista belga.
La narrazione, che per ambientazione e stile ha un retrogusto tutto europeo, decolla quando sullo schermo irrompono dei flashback visionari e trova il proprio vertice in un piano sequenza formidabile per ritmo e coreografia. Il tutto condito da un 3D che in molte scene dà il meglio di sé, dalla resa dei più grandi spazi aperti al pulviscolo più fine.
Perché spesso due ore di onesto intrattenimento, pur d'autore in questo caso, valgono più di decine di film di alte, ma disattese, ambizioni.
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